rendita

L’aggiornamento Catastale (a seguito del superbonus)

La fine del 2024 si è conclusa con nuovo “spauracchio” passato come una novità assoluta, previsto con la Legge di Bilancio 2024[1], e che consiste nel fatto che l’Agenzia delle Entrate debba verificare, in relazione alle unità immobiliari oggetto degli interventi agevolati dal Superbonus 110 (art. 119 DL 34/2020), l’avvenuta (e corretta) presentazione delle relative dichiarazioni di variazione catastale ai fini di eventuali effetti sulle rendite sull’immobile interessato, questo indipendentemente dal fatto di aver usufruito o meno delle opzioni alternative alla detrazione IRPEF spettante (vale a dire sconto in fattura e cessione diretta del credito). Ma è proprio così?

Non è una novità

In realtà gli addetti ai lavori sanno che quanto indicato dalla Legge in commento è già contenuto nella nota documentazione di prassi che risalirebbe addirittura al Regio Decreto [2], e che in ogni caso fa riferimento ad una necessità conseguente l’applicazione, quando prevista, del decreto del ministro delle finanze n. 701 del 19 aprile 1994[3]. Tale obbligo è pertanto statuito a livello nazionale e risulta preesistente (di almeno un trentennio!) all’istituzione del Superbonus 110 ed in ogni caso rispetto alle disposizioni di cui alla Legge bilancio 2024, le quali rappresentano solo un esplicito “richiamo formale” all’adempimento richiesto.

La vera notizia stà nel fatto che, per la prima volta in modo “massivo” l’Agenzia delle Entrate provvederà alla verifica dell’avvenuta denuncia ed all’eventuale invio di apposita comunicazione secondo quanto già previsto con richiamo alla “Legge di Stabilità 2015″[4], qualora dovesse ravvisare mancanze o incongruenze. Da sfatare in ogni caso la falsa informazione che ad essere colpiti saranno, incondizionatamente, tutti gli interventi: vediamo di seguito il perchè.

Quando è necessaria la “variazione catastale” (rendita, ndr)

Non sempre è necessario provvedere alla “variazione catastale” la quale interviene, secondo quando chiarito dalla Circolare 1/2006[5] dell’Agenzia del Territorio, con richiamo esplicito a variazioni ed integrazione degli aspetti qualitativi (tipologia di intervento che incide sulla classe e qualità del bene) e quantitativi (variazione delle consistenza) dell’immobile. In buona sostanza, esistono delle specifiche casistiche (tralasciando gli ovvi interventi di nuova edificazione e/o primo censimento dei fabbricati urbani nella banca dati del N.C.E.U.) riguardanti gli interventi sugli immobili esistenti, che vanno dalla manutenzione straordinaria alla ristrutturazione edilizia[6], passando per le opere di riqualificazione che incidono (anche) sul valore commerciale del bene.

In sintesi si ha la necessità di presentare la “variazione catastale” nel caso di:

  1. Frazionamenti e fusioni delle unità immobiliari
  2. Diversa distribuzione degli spazi e funzione interne
  3. Ristrutturazione edilizia che comporti modifiche della consistenza e/o della sagoma
  4. Ampliamenti e cambi di destinazione d’uso
  5. Realizzazione di piscine pertinenziali interrate
  6. Riqualificazioni (importanti, ndr) che comportino una rivalutazione della rendita superiore al 15%

D’altra parte in caso di opere che necessitano di titolo urbanistico o autorizzazione, l’obbligo della variazione catastale è conseguenza diretta, risultando da presentare entro 30 giorni proprio dalla conclusione degli interventi classificati come urbanisticamente rilevanti: tale disposizione è testualmente richiamata a livello di Testo Unico DPR 380/2001[7].

Diversamente non c’è obbligo di variazione catastale nei seguenti casi:

a) l’esecuzione di interventi di ordinaria manutenzione (finiture, consolidamenti, messa a norma impianti) con materiali/tecnologie comparabili con gli originari;
b) l’installazione di impianti fotovoltaici a servizio di singole unità, con potenza installata inferiore a KW 3 per ciascuna unità servita.

Va dà sè che, mentre per le variazioni comportanti modifiche alla superficie/volume, numero e destinazione dei vani, nonchè come ovvio numero delle unità immobiliari, sia implicito un meccanismo di calcolo della rendita in base alla Categoria, Classe e Zona Censuaria, per le opere che conseguono miglioramenti “qualitativi” la constatazione di incremento risulta meno immediata. Tuttavia è sempre la documentazione di prassi a fornire gli elementi per la valutazione, che nel caso delle “riqualificazioni” è determinato dalla soglia del 15%[8] dell’incremento di valore capitale.

A questo punto sarà più chiaro identificare quali “opere” rientrino nella casistica precedentemente richiamata: interventi di miglioramento energetico (cappotti, infissi) e/o sismico, installazione di sistemi comportanti l’utilizzo di energia rinnovabile (es. fotovoltaici eccedenti i 3kW; solare termico), modifiche impiantistiche con variazioni significative della tecnologia impiegata (es. pompe di calore). Non è da dimenticare, in ogni caso, che l’intervento in sè non  sufficiente a determinare l’obbligo in quanto la condizione da soddisfare è comunque la sussistenza di un incremento di valore.

Come si calcola l’incremento di valore

Premesso che il criterio non è quello del “valore commerciale” in quanto, i dati delle rendite catastali riflettono parametri a carattere squisitamente fiscale e non sono correlati alle fluttuazioni del mercato immobiliare, non può nemmeno dirsi applicabile semplicemente il “valore delle trasformazioni”, poichè le tariffe estimative non rappresentano comunque dati economici con quest’ultime confrontabili.

Pertanto la relazione tra l’entità economica degli interventi eseguiti (determinata sulla base della “spesa sostenuta” decurtata dell’iva ove dovuta e degli oneri professionali) e la rendita catastale si traduce in realtà nel raffronto tra il “Valore ragguagliato dell’intervento” (VRI)[9] e la “Rendita Attuale Rivalutata” (RR), specificando che gli importi relativi agli interventi nuovi (es. realizzazione cappotto) vengono considerati per intero, mentre quelli migliorativi (es. sostituzione infissi) per metà.

Di base il calcolo segue questo procedimento generale:

  • si determina l’ammontare delle spese sostenute (Valore Attuale dell’intervento – VAI), operando la distinzione tra nuovi interventi e miglioramenti;
  • si ragguaglia l’importo ottenuto all’epoca censuaria del 1988/1989 applicando al predetto ammontare il relativo coefficiente, rispetto all’anno di completamento delle opere;
  • Si calcola il valore catastale pregresso all’intervento, moltiplicando la rendita attuale per 100 (Rendita Rivalutata -RR);
  • Si verifica che il rapporto del VAI sia inferiore al 15% di RR;

Proviamo a fare un esempio.

Consideriamo il caso di una abitazione unifamiliare con rendita attuale di 1.500 € e lavori conclusi nel 2024 così articolati:

  1. riqualificazione dell’involucro pari ad un ammontare di 50.000 € per l’applicazione del cappotto e 15.000 € per la sostituzione degli infissi;
  2. sostituzione degli impianti per ulteriori 25.000€;

Il Valore attuale dell’intervento (VAI) è pertanto dato dalla somma di 50.000€ più la metà di (25.000€+15.000), ovvero 70.000€ complessivamente. Il Valore ragguagliato dell’intervento (VRI) è invece dato dal prodotto tra il VAI e il coefficiente K di ragguaglio, che nel caso in esame è pari a 0,4095. Si avrà pertanto un VRI pari a 28.594,77 €. considerando la Rendita Rivalutata (RR) che nel nostro esempio è di 150.000€, risulta un incremento superiore al 20% (28.594,77/150.000€x100) che fà scattare l’obbligo di variazione.

In conclusione è del tutto evidente come non vi sia una relazione univoca tra l’aver usufruito di una agevolazione fiscale e la diretta conseguenza di dover aggiornare la rendita catastale in quanto quest’ultima, dipende essenzialmente dalla tipologia e complessità dell’intervento eseguito in sè.

Per chi si volesse cimentare in una verifica preliminare, lascio a disposizione un tool di calcolo che ho sviluppato per l’occasione.

note

note
1 Legge 30 Dicembre 2023 n. 213, articolo 1, commi 86 e 87
2 Ai sensi dell’articolo 20 del Regio decreto-legge n. 652 del 1939 si è obbligati “a denunciare, nei modi e nei termini da stabilirsi col regolamento, le variazioni nello stato e nel possesso dei rispettivi immobili, le quali comunque implichino mutuazioni ai sensi dell’art. 17”; convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249
3 Dichiarazione resa ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, del citato decreto MF
4 Nei casi oggetto di verifica di cui al comma 86 per i quali non risulti presentata la dichiarazione, l’Agenzia delle entrate può inviare al contribuente apposita comunicazione ai sensi dell’articolo 1, commi da 634 a 636, della legge 23 dicembre 2014, n. 190
5 Istruzioni operative derivanti dall’applicazione dell’articolo 1 comma 336 della legge 311/2004; vedasi Allegato A: interventi influenti ed Allegato B: interventi ininfluenti
6 Per differenze ed approfondimenti si veda questo mio post
7 Comunicazione da effettuarsi ai sensi dell’art. 34-quinquies , comma 2, lettera b), del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80
8 Il riferimento è alla Circolare 10/2005, alla Circolare 1/2006 dell’Agenzia del Territorio e alla Determinazione 16/02/2005 recante “Linee guida sui classamenti catastali di unità immobiliari di proprietà privata” che – nell’ambito dell’applicazione dell’art. 1 della Legge 311/2004, comma 336 – individuano la soglia dell’incremento di valore dell’immobile da considerare come indicatore per la revisione della rendita.
9 Ragguaglio su base ISTAT rispetto all’anno di realizzazione rapportato al valore relativo al periodo di riferimento costituito dalla media tra 1988/1989 (ultimo aggiornamento delle rendite, ndr)